Di webmaster (del 19/05/2007 @ 21:09:17, in ITALIANO, linkato 1049 volte)
LIMONE
Quanta fretta che c’è… e la gente viene e va, si ferma, chiede: sì, no, forse, non va bene, è abbastanza, ti spinge…non ti chiede scusa, non ti tocca…ti chiede scusa.
Quanta frutta che c’è… rossa, verde, arancione e poi gialla… mi ferisce gli occhi il giallo dei limoni!
Quanto odore che c’è… forte, debole, acido, profumato, frizzante e poi aspro… mi stordisce l’odore dei limoni!
Mi fermo e penso e collego: il melo alla mela il pero alla pera la vite all’uva il ciliegio alla ciliegia l’arancio all’arancia il limone al sole… mi riscalda la luce dei limoni!
Mi sento aspra e forte Gialla e calda Acida e dolce Utile in tutto Inutile in qualsivoglia cosa… Sono un ibrido della natura! Io sono un limone!
I limoni un tempo hanno catturato la luce del sole e l’hanno imprigionata nella scorza, l’hanno impressa nella loro sezione radiale e così non l’hanno persa!
I limoni sono frutti animati, vivono nella loro propensione, tu li tagli e li sprigioni, tu li mordi e ti danno sensazioni! Io sono un limone.
Di webmaster (del 19/05/2007 @ 21:15:24, in ITALIANO, linkato 1184 volte)
PER TE CHE SEI IL CONGIUNTIVO
Giovani, giovincelle, uomini, donne, vecchi innamorati e tutta gente, ascoltate la nuova coniugazione: il verbo amare non vuole il condizionale! Si è soliti coniugare con ragione i tempi alle persone, ma eternamente è all’infinito che all’amore si indica col dito; e conviene che così sia giacchè ogni posto e ogni via ha ascoltato le sue voci, e tutte le passioni, se mai son diverse, son tutte lo stesso ammantate sotto il participio passato dell’aver amato! Questa eterna grammatica non porta alcuna regola, né vuole ch’altri si giudichi dell’agir tuo, mio e suo perciò è al presente indicativo che ogni storia si racconta con la memoria d’ogni desinenza più feconda! Colui che all’atto antico del sospirar d’amor per una pulzella ha posto apostrofi dolorosi malinconici e furiosi l’ha trasformato in opera leggendaria e l’ha innalzato nel santuario del passato remoto! Poi venne, femminile e maschile, chi vi ha dato il vigoroso assalto semplice del futuro e la brama morbosa dell’imperativo… Coinvolta e stravolta la coniugazione perse la ragione e libera che fu venne in mano alla tenera introspezione della femminilità del mondo che tessendo e ritessendo ordinò le maglie superiori e inferiori dell’amore al futuro anteriore. E’ sempre, infine, qualcuno c’è stato Che non ha mai imparato a coniugare il verbo… Perciò ha in uso dire: “amerei” e non “amo”, come dire:”vivrei” e non “vivo”. Povero illuso! Miseramente persegui di ordinare l’amore e schierarlo nelle tue regole! Se il tuo dolore presente o passatoti ha portato a coniugare il verbo al condizionale, ritieni veramente che ciò possa proteggerti dal futuro semplice e anteriore del tuo cuore? Pazzo! Così te ne stai solo tra ingenue speranze di potenza e lisce distese piatte d’accidia, abbagliato dallo specchio opaco di te stesso… non capisci che tu sei il congiuntivo! Intanto, per ogni tua condizione soffochi le tue emozioni nell’acqua del se.
Di webmaster (del 25/05/2007 @ 10:44:47, in ITALIANO, linkato 1209 volte)
Quello che cerco Qui o ovunque Nell’immensità dei cieli o nel cortile di una casa di campagna Quello che cerco troverò Al termine di una lunga strada o dietro un vicolo buio Quello che cerco troverò Cosa ancora non so Ma sono sicuro che sarà lì ad aspettarmi
Di webmaster (del 25/05/2007 @ 10:47:11, in ITALIANO, linkato 1385 volte)
MI FA IL VERSO LA CORNACCHIA NERA
E’ passata la pioggia a lasciare violento il profumo della terra, dalla balaustra sul cortile il giardino è ancora umido di grigio.
Come vento di aria bagnata, fresco e imbrattato di nuvola, all’altezza dello stomaco sento la sospensione: l’intima malinconia che accompagna l’anima inquieta.
Il verso della cornacchia nera deride i miei pensieri, mi scuote dal vuoto torpore del viaggio appena intrapreso e già finito nel mondo del mio infinito.
Una nausea mi assale della mia inadeguatezza, della mia irragionevolezza, della mia persistente tristezza… e di nuovo sento quella stessa ansia inurlata!
Ma il verso della cornacchia nera divide i miei pensieri: ieri per ieri, oggi per oggi, a paio a paio, ad uno ad uno e poi basta… mi ridesto da un sonno mai dormito.
La mia vita trascorsa sempre di lato senza mai guardare dritto in faccia ogni cornacchia nera...
E quella ride dei miei pensieri, mi riconosce per come sono ed ero a metà tra il vetro e la balaustra a guardare il tempo che fa.
Di webmaster (del 25/05/2007 @ 11:37:49, in ITALIANO, linkato 1034 volte)
IL MARE E LA MONTAGNA
A me, invece, piace il mare e lo dico a braccia aperte col vento in poppa e il sole caldo, in piedi verso di te che mi porti su sentieri e ti seguo inerpicata e insicura mentre raggiungi le tue vette.
A me, invece, piace il mare e lo dicono i miei occhi distese limpide e infinite percorse da onde vigorose, a te che, invece, sei montagna e mi aggiri tra fronde ombrose e sprazzi di sole e poi m’insegui, precedendomi, su pietre irregolari con piede certo; e io mi lascio cadere e mi rialzo mentre ti vedo raggiungere l’altura e impadronirti del tuo infinito, intanto io incespico ed è sempre dopo il quando ti raggiungo!
E a me, invece, piace il mare tempestosa calma e furioso equilibrio, complicata semplicità dell’orizzonte, vele di vento e colori di legno i miei pensieri in me e per te che ami specchiarti nel cielo e sulla cima e non vedi che, già dietro, sono ancora più lontana e mi specchio nel mare del cielo, piccola, perché parte dell’infinito… A me, invece, piace il mare…
Di webmaster (del 15/06/2007 @ 21:17:51, in ITALIANO, linkato 973 volte)
Questa volta si tratta della signora Bovary, che ha percorso gli audaci sentieri borghesi e l'intrepido perbenismo ottocentesco, per affermare il suo diritto alla felicità e, come tante altre figure femminili dell'universo branduardiano, alla fine sorvola e supera i confini del bene e del male per essere una tipologia di personaggio eterno.
Alessandro Simonetti.
INFINE
Emma è morta! Aveva già scritto il suo finale D’arsenico amaro, rabbia e disillusione. Ha avuto ragione della sua corsa e della sua vita inventata, è arrivata sola, prima e ha detto basta. La sua recita era ormai degenerata In uno squallido spettacolo ordinario E ogni suo calendario segnava un anno in più Di solitudine e di malinconia. Emma portava in giro un baule pieno d’illusioni E impegnava a caro prezzo ogni sogno e aspirazione Di vivere una vita non banale E del farsi male giocava il rischio. E male te ne sei fatta fino in fondo… Ma a te è piaciuto cucire amore ad amore, passione a passione egoismo e tenerezza, e così hai ordito il canovaccio scucito che è stata la tua vita. Ora con gli occhi chiusi, distesa su un letto normale, d’intorno contano le tue ragioni o i tuoi mali, li ascolti? Dispiacere, rabbia, dolore, indifferenza e il ”ben ti sta”, sono queste le condoglianze che incensano la tua sera! Se ogni fiore che nasce sbocciando tra i sassi Sapesse quanto, il suo esser bello, gli costa e Pagar caro, alla luce e all’arsura del deserto, il tributo, ripiegherebbe nella terra scura e a nessuno mostrerebbe la sua corona… ma la natura gli impone lo stare dritto e manifesto, l’esporsi al cielo, al vento, alle tempeste, agli insetti, agli uomini e alle cose… e così si aspetta e spera in cose belle: d’esser ben raccolto e mai calpestato, d’essere un fiore sempre amato. Infine, se nessuno lo porta via, passato il giorno, insieme, il fiore declina nella comune fine. Tu, Emma, hai scelto il tuo compianto E ne hai avuto vanto nelle tiepide albe della primavera, negli odorosi respiri di maggio, tu ancora sei viva, anima amante dei sogni e delle speranze.
Di webmaster (del 20/06/2007 @ 23:38:02, in ITALIANO, linkato 1280 volte)
"Il cammino verso Santiago". Santiago de Compostela ha rappresentato, in un'epoca ormai troppo lontana, uno dei centri più importanti della Cristianità; doveroso per ogni buon cristiano, era l'intraprendere il santo pellegrinaggio che, attraverso vari popoli e terre , giungeva alla città santa dove, si dice, riposino le spoglie di San Giacomo (Sant 'Jago o Sant'Iago in lingua ispanico-portoghese). II viaggio periglioso e lungo, spesso senza mezzi per scelta di penitenza o per necessità, si concludeva alle volte della magnifica cattedrale, dove quel che restava dei pellegrini sconvolti e stravolti da tale impresa, spesso si trovavano a danzare e cantare versi e musiche non completamente sacre. Vicinissima alla Città Santa si trova Finisterre, il mitico luogo dove il mondo finisce... Sicuramente, per quei tempi, la prospettiva di un tale viaggio era priva di un progetto di ritorno, pertanto i pellegrini vivevano, consapevoli dei rischi che si correvano, l'esperienza di un percorso dove certa era la meta ma insicuro il passaggio e allora nella dimensione di un eterno presente, incominciavano a vivere solo il viaggio, giorno per giorno, passo dopo passo, e una nuova vita, nella quale, spesso, abbandonando i soliti ruoli e le convenzioni urbane, si scoprivano uomini liberi e vivi di una nuova santità. Ascoltando Calenda Maia in Futuro Antico I, è possibile cogliere le innumerevoli sfumature del clima emotivo, morale e, soprattutto umano, che si realizzava nel pellegrinaggio verso Santiago: insieme ai santi danzavano la càbala, l'alchimia, i guaritori, i mercanti, i ciarlatani, gli spiriti, i demoni, i vecchi e i nuovi dei degli uomini.
IL CAMMINO VERSO SANTIAGO
Se ho ascoltato le lente cantilene di vecchi borghi affumicati d’inverno E ho camminato tutti i sassi malmessi per strade assolate d’estate, Se ho respirato ogni profumo tiepido di primavera, È stato per arrivare in un autunno generoso di colori arrossati E per trovare lo scopo di un viaggio pensato e immaginato, Nella visione di un miracoloso spettacolo di luci e di fuochi Che rendono chiara anche la più scura notte sul sagrato della cattedrale In fila i normali e, come animali, quelli che non sanno più andare. Il bello del mio viaggio è stato solo viaggiare Percorrere le affinità mutevoli dei popoli Che come un grande mare si muovono Sciogliendosi in molteplici voci e nuovi altari. Tra tutti quelli che partirono molti si disorientarono E nella religione persero la ragione e finirono per diventare Nuovi diavoli e inseguirono le forme pregevoli di femmine e denari, gli stessi demoni da cui fuggirono li ritrovarono ad aspettare con musici magnifici con canti strofici e ritmi alternati a ballare le danze popolari le profezie e i rimedi pagani per sanare le piaghe, dentro ai sandali, di piedi sanguinanti… Io mi ricordo le immagini di volti di fanciulle, che prima erano vergini, sorridermi e uccidermi i sonni disturbati da incubi frenetici di inferni soliti e di nuovi peccati appresi ed imparati per queste strane strade sdrucciolevoli di umori intimi e di misericordie acquistate con monete penitenti dei potenti che ci affliggono con gli zoccoli del loro pellegrinare inutile verso il luogo dove si ratifica la vendita della perfezione ultima che è stata già pagata da mille e mille poveri collocati, per l’eterno, in un paradiso umile, come un mite inferno, per fare posto, negli Inferi, agli eretici, ai poetici che gridano rivoluzioni e fanno male ai popoli, per cui, è utile che cantino, ai redenti reggenti, inni serafici, destrieri fotonici, che li spingono nell’empireo e tra i cori angelici a riflettere la luce di quello stesso Dio che invece ha sudato un calvario per raggiungere un trono altissimo crociato simbolo di gloria per innalzare noi che così umili chiediamo l’elemosina di vivere …. Santiago compie il miracolo di scoprirmi piccolo e inutile nel sapermi vivo e vegeto e voler incidere nella storia… Alla fine felice? Inconsapevole a meta raggiunta! Non conosco quelli dei miracoli, ma ogni tanto gridano e tutti gli altri credono ai monaci e dopo tutto anch’io forse solo per l’unguento e il mite companatico insipido che aggiusta il digiuno nell’anima e nello stomaco rimbombano gli echi mistici dei cantici e i lamenti tipici degli acciacchi cronici che soffre chi riprende il solito itinerario per percorrere il ritorno a quella vita ordinaria da cui siamo fuggiti in cerca del miracolo per sanare l’anima dall’accidia e dall’invidia per chi afferra la sorte e non litiga un misero salario e gode delle favole, camminando tra le nuvole…
A. Simonetti
STELLA MATUTINA - Musica tratta dal "Libro Vermeil", eseguita da Angelo Branduardi